Altare con San Giorgio, la principessa e il drago, 1526

marmo
  • Opera: Altare con San Giorgio, la principessa e il drago, 1526 - marmo
  • Autore: Antonello Gagini (Palermo 1478-1536)
  • Provenienza dell\’opera: DATO MANCANTE
  • Direzione dei lavori: Vincenzo Scuderi, già Soprintendente alle Gallerie ed opere d’arte della Sicilia. Il restauro è stato affidato alla ditta Serena Bavastrelli Cipolla di Palermo.
  • Indagini scientifiche:
  • Contributo: Associazione “Salvare Palermo”
  • Documentazione Fotografica: Giuseppe Scuderi

Note storiche

Le sculture rinascimentali l’Arco con Storie di San Ranieri, di Gabriele di Battista (1503-5) e l’altare scolpito con San Giorgio ed il drago, di Antonello Gagini (1526), della Basilica di San Francesco d’Assisi a Palermo sono state restaurate nel 1999 grazie al generoso finanziamento dell’Associazione Salvare Palermo e del Comitato Italiano World Monuments Fund (ora A.R.P.A.I.). Già pertinenti ad una cappella dei Pisani l’uno e dei Genovesi l’altro, sono ora funzionalmente riuniti nella seconda cappella della navata destra della chiesa trecentesca. Nuova luce fisica e pregnanza di valori artistici, già quasi perduti sotto pesanti patine grigio-giallastre per vicende secolari, arridono così, all’interno della Basilica del Santo di Assisi, antico cardine di riferimento socio-religioso e artistico per il quartiere e la città intera.

Le due opere restaurate sono testimonianza rilevante di quella “prima ondata” rinascimentale che aveva avuto le più alte espressioni, dal settimo al nono decennio del Quattrocento, con i capolavori del Laurana e di Domenico Gagini, proprio e soprattutto in questa stessa Basilica (Arco Mastrantonio e Monumento funerario di Pietro Speciale).
Diamo qui solo brevissime note storico-critiche sui due manufatti. Nell’arco del Di Battista va rilevato anzitutto il chiaro riferimento “strutturale” al mobilissimo dirimpettaio, l’Arco Mastrantonio del Laurana (1468). Quanto al linguaggio scultoreo che ne caratterizza le varie parti, non si ha certezza sulla mano unica dello scultore affidatario, che può vedersi quasi certamente negli intagli dei pennacchi dell’arco con le figure dell’annunciazione e nelle formelle dell’intradosso con teste di cherubini e rosette. In maggior misura, specie nelle narrative formelle dei pilastri con Storie di San ranieri, operarono gli scalpelli dei collaboratori, Domenico Pellegrino e Iacopo de Benedetto.
Indubbiamente di maggiore modernità rinascimentale e vitalità artistica è permeato l’Altare con San Giorgio, la principessa ed il drago, al centro di una edicola arricchita da una copia di colonne, due lesene con medaglioni di santi e rilievo di Madonna con il Bambino nel timpano. “Qui la composizione – scrive Gulisano- tutta costruita su più piani prospettici, tende a ricercare, attraverso le differenti modulazioni del rilievo, l’illusione della distanza e della profondità spaziale. SI va da un primo piano fortemente ravvicinato e plasticamente ben definito, costituito dall’immagine del drago e dal gruppo equestre, a quelli sempre più digradanti fino al rilievo bassissimo, quasi uno stiacciato, dello sfondo di paesaggio dove sottili vibrazioni luministiche determinano, assieme alla originaria coloritura dovuta ad Antonello Crescenzio (e di cui rimangono ormai poche tracce) un sorprendente effetto pittorico e chiaroscurale”.
Ma – sempre in S. Francesco- altri linguaggi e valori di scultura rinascimentali assai vicini e storicamente rilevanti attendono di riemergere dalla scura coltre che li mortifica e quasi nasconde al cittadino ed al turista.
Il forte auspicio che le istituzioni o il mecenatismo possano pure recuperarli (e quasi a ruota) alla chiesa, alla città e alla cultura, è la conclusione obbligata di queste righe su quanto sinora acquisito da Salvare Palermo e dal Comitato Italiano del W.M.F.
Vincenzo Scuderi

Il Restauro
L’altare di San Giorgio ha subito numerose manomissioni ed è stato smon-tato e rimontato più volte (l’attuale collocazione è del 1975).
Per le analisi preliminari sul pannello principale, che rappresenta il Santo a cavallo mentre uccide il drago, si è operato in situ con lo studio al video-microscopio a fibre ottiche (ingrandimenti microscopici a 50x). I marmi si presentavano complessivamente ricoperti da una patina grigio-giallastra dovuta, oltre che dai depositi di polvere, all’invecchiamento dei protettivi usati nel passato.

L’osservazione ha rivelato tre diverse stratificazioni delle quali la prima era rappresentata da uno strato pittorico protetto da una pellicola di fissativo risalente al secolo XVI, la seconda era costituita da uno strato di fissativo e la terza, presente solo in alcune parti era costituita da una ridipintura ad olio posteriore alle altre pigmentazioni.

L’analisi dei campioni di polvere di pigmenti prelevati, sottoposti ad indagi-ne mediante spettrofotometria in infrarosso, diffrattometria e fluorescenza ai raggi X ha consentito di datare gli interventi pittorici distinguendo quelli originari cinquecenteschi da quelli di ripristino effettuati nel secolo XIX.

Note storiche tratte dalla documentazione fornita da: Vincenzo Scuderi, Archivio A.R.P.A.I.
Note sul restauro dalla documentazione fornita da: Serena Bavastrelli. Archivio A.R.P.A.I.
Gulisano, M. C., “La decorazione scultorea della Cappella dei Lambardi in S. Francesco D’Assisi”, Salvare Palermo Semestrale dell’Associazione, n.14, Gennaio 2000.
S. Bavastrelli, “San Francesco: e l’impegno continua”, Salvare Palermo Semestrale dell’Associazione, n.14, Gennaio 2000.

Luogo dell'Opera