Storie di Cristo e della Vergine, tredici tavolette dal coronamento e dalla predella della Maestà, 1308-1311

oro e tempera su tavola (Maestà, 370 x 450 cm)
  • Opera: Storie di Cristo e della Vergine, tredici tavolette dal coronamento e dalla predella della Maestà, 1308-1311 - oro e tempera su tavola (Maestà, 370 x 450 cm)
  • Autore: Duccio di Buoninsegna (Siena, not. 1278 – 1318/19)
  • Provenienza dell\’opera: commissionata per l’altare maggiore della Cattedrale di Siena
  • Direzione dei lavori: Alessandro Bagnoli, Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Siena. Il restauro è stato affidato a Daniele Rossi di Firenze in collaborazione con Laura Amorosi e Gloria Verniani, e per il supporto ligneo da Roberto Buda.
  • Indagini scientifiche:
  • Contributo:
  • Documentazione Fotografica: Archivio Daniele Rossi

Note storiche

In occasione della mostra Duccio. Alle origini della pittura senese, A.R.P.A.I. ha finanziato il restauro di una serie di opere di grande rilevanza: tredici tavolette dipinte da Duccio di Buoninsegna nel 1308-1311 per la Maestà, conservate nel Museo dell’Oprea del Duomo di Siena, e la grande Croce dipinta intorno al 1330 da Ugolino di Nerio per la Chiesa dei Servi di Siena. Il lavoro sulla Maestà ha concluso l’impresa iniziata dall’Istituto Centrale del Restauro fra gli anni cinquanta e i primi anni sessanta, sotto la guida di Cesare Brandi e Pasquale Rotondi.

La grande tavola per l’altar maggiore della cattedrale di Siena, dipinta su due facce e dotata di predella e coronamento, fu commissionata a Duccio dall’Opera del Duomo, come testimoniano alcuni documenti tra il 1308 e il 1311, dalla “Carta di pacti” sottoscritta tra il pittore e l’operaio Jacopo del fu Gilberto Mariscotti fino ai pagamenti per i suonatori che accompagnarono in processione il dipinto. Citiamo alcuni dei fatti salienti relativi alla storia conservativa della Maestà ad introduzione della presentazione del nostro restauro. Nel 1771 le due facce furono separate, con la distruzione delle cornici originali e causando gravi danni alle superfici dipinte, dopo ,una breve permanenza nella Casa dell’Opera, tornarono in cattedrale e furono collocate presso gli altari di Sant’Ansano e del Santissimo Sacramento. Le tavolette minori furono poste in sacrestia e, per alcune di esse, iniziò una dispersione che le portò sul mercato antiquario e infine in vari musei europei e americani. Dal 1878 le due tavole principali, insieme con i due coronamenti e alcuni scomparti delle predelle, si trovano al Museo dell’opera del Duomo, fondato nel 1870. Tra il 1952 e il 1958 ebbe luogo un importante restauro, diretto da Cesare Brandi presso l’I.C.R. di Roma e limitato alle parti principali, mentre nel 1964 si concluse un intervento su quattro tavole del coronamento anteriore. Nel giugno 2001 è iniziato un restauro del coronamento posteriore e delle predelle con pulitura e rimozione delle ridipinture, poi integrate con la stessa tecnica a tratteggio verticale già impiegata dagli operatori dell’I.C.R.

Dopo la “riscoperta” ottocentesca del capolavoro, con l’esposizione in museo, iniziò la fortuna critica del capolavoro di Duccio che lo ha consacrato come uno dei vertici della pittura italiana su tavola. Il problema più dibattuto è stato quello della ricostruzione dl complesso e della sua iconografia; ma sono stati affrontati anche i temi della relazione geometrica tra le misure delle varie parti del complesso, della data di esecuzione, dell’intervento degli aiuti, dei possibili modelli e della fortuna della pala presso altri artisti a Siena e fuori.

L’iconografia, alla cui definizione collaborò forse il domenicano Ruggero da Casole, vescovo di Siena dal 1307 al 1317, si inserisce in un programma di celebrazione della Vergine avviato con la vetrata dell’oculo nell’abside della stessa cattedrale e ampliato in seguito con l’esecuzione di alcune opere maggiori dei pittori senesi della prima metà del Trecento destinate agli altari della crociera.

Per predelle e coronamenti il tema iconografico si lega strettamente al problema della ricostruzione del complesso. Della faccia anteriore della predella, dedicata all’infanzia di Cristo, restano a Siena cinque scene e quattro figure di profeti, in cui i passi biblici riportati sui rotoli mettono in evidenza come l’Antico Testamento prefiguri il tema dell’incarnazione di Gesù; di quella posteriore, solo due storie. L’individuazione di altre tavolette in vari musei ha consentito di ricomporre in modo soddisfacente le predella anteriore, mentre per quella posteriore sono state rintracciate solo otto storie su nove. Per ogni faccia del coronamento restano sei scomparti, tutti alterati nelle dimensioni e nella forma (in origine a esagono regolare).

Sia le tavolette della predella che quelle del coronamento sono state ricavate da una serie contigua di assi subradiali disposte in orizzontale, probabilmente per facilitare il percorso di lettura seguendo la fibra legnosa. Lo spessore, però, risulta ben maggiore nelle storie della predella, che dovevano agganciarsi, come si vede da alcune incisioni retrostanti e dai chiodi rimasti sul retro di alcune tavole, a tre rompitratti di sostegno e di raccordo alla struttura, la scatola-altare che faceva da basamento; le tavole del coronamento, invece, erano incollate ed inchiodate su quelle poste in senso verticale su cui era dipinta la Maestà (recto).

Esso mantiene oggi lo spessore originale di un centimetro circa, lo stesso spessore nelle Storie della Passione poste in origine sul verso del dipinto.

Le tavole, dopo un primo strato di preparazione a base di gesso e colla, sono state completamente incamottate con una tela di lino alquanto compatta (per la predella anche nella cornice) e successivamente lavorate a più strati di gesso-colla; la pittura estremamente raffinata anche per l’uso di pigmenti preziosi e guidata da un disegno preparatorio a pennello intriso di carboncino, ha un legante proteico a base di caseina di latte di capra come è risultato dai saggi immunoenzimatici; la foglia metallica d’oro è stata fatta aderire su di uno strato di bolo armeno rosso-arancio, ed in alcuni casi si erano previsti eventuali debordamenti andando leggermente all’interno delle parti propriamente dipinte, altre decorazioni a foglia d’oro poste sulle vesti di Cristo e della Madonna a piccole lamelle di stile bizantino sono state fissate con colle a base di mecca. La probabile vernice originale della quale purtroppo non rimane traccia almeno nelle opere sulle quali siamo intervenuti, doveva essere composta principalmente dalla resina naturale sandracca secondo le analisi dell’I.C.R condotte per i restauri precedenti.

Lo stato di conservazione delle tavolette della predella e del coronamento della Maestà riflette le difficili sorti dell’opera nel suo complesso. Esse furono infatti separate dalla tavola principale a seguito degli smembramenti e resecazioni dal 1771 in poi: le singole scene, grazie anche alle loro dimensioni relativamente piccole, furono così decontestualizzate e appese in sacrestia come fossero dei piccoli ex-voto.

Il supporto della predella è stato invece mantenuto per lo più nelle sue dimensioni originali, benché resecato per dividerne le scene, comprendendone a volte anche i profeti laterali, a volte soltanto la scena centrale.

Il coronamento è stato modificato nella forma e nelle misure e ridotto per lo più a pannelli rettangolari, mentre solo poche scene suggeriscono appieno la forma originale cuspidata a tronco di cono (Incredulità di S.Tommaso); a queste tavole, inoltre, nell’Ottocento furono applicate delle cornici in semplice legno di pioppo, dorate in un secondo momento e bloccate tramite regoli incollati a contrasto sul retro. Sia nella predella che nel coronamento il retro è stato trattato in precedenti restauri con stuccature grossolane a base di segatura e colla d’uovo per riempire alcune fenditure o gli scassi degli inserti a farfalla in legno di noce, pure di restauro.

Scarso, in fondo, è risultato l’attacco di insetti xilofagi, sul retro appaiono comunque sgocciolature di umidità e altre spaccature più o meno profonde. Generalmente si è verificata una disgiunzione delle assi in corrispondenza della commettitura, che, sia sulla predella che nel coronamento, si è ripercossa con fenditure sugli strati pittorici. Questi ultimi, pur avendo mantenuto una buona adesione al supporto e coesione interna, se si escludono dei sollevamenti in corrispondenza delle spaccature del supporto e di altre zone precarie come per esempio i bordi sofferenti delle resecazioni o i rilievi a cratere con ancora la testa del chiodo sottostante, hanno sofferto maggiormente a causa di pesanti puliture di precorsi interventi, talora utilizzando la soda, causando numerose svelature che riportano in superficie il verdaccio della preparazione delle teste dei profeti e dei personaggi della predella.Su questa, come del resto nel coronamento, le parti abrase per incaute procedure o per situazioni accidentali, sono state integrate con stuccature assai dure, a volte contenenti colofonia (pece greca), ricoperte a loro volta da ridipinture, soprattutto a tempera ma anche ad olio, assai grossolane e ormai visibilmente alterate.

Le puliture aggressive già descritte hanno praticamente eliminato qualsiasi residuo della vernice originale, come ci confermano le accurate indagini chimiche e diagnostiche preliminari al restauro, per cui si è venuta a creare una sorta di patina giallo-brunastra opaca ricca di accumuli, dovuta all’ossidazione dei fissativi superficiali a base di colla animale e colofonia stesi sulla superficie pittorica sia per consolidare che per rivitalizzare le cromie stesse.

L’intervento attuale di restauro è stato condotto secondo criteri omogenei, rispettando del resto le singole peculiarità dei dipinti oramai divisi.

Per quel che concerne il supporto, è stato opportuno togliere le cornici di restauro coi rispettivi regoli che erano stati applicati su quasi tutti gli scomparti del coronamento. Questi ultimi, dato l’esiguo spessore, sono stati rinforzati con un telaio appositamente studiato ad espansione tramite molle regolabili e basculanti che permette un autosostegno delle singole tavole ed al tempo stesso garantisce il naturale movimento del legno originale.

La predella risultava la parte più integra da un punto di vista strutturale, per cui il supporto è stato semplicemente ripulito delle stuccature grossolane, gli inserti “a farfalla” sono stati sostituiti da altrettanti in legno di pioppo disposti nel senso della fibra originale, inciso in profondità in corrispondenza degli scassi e reintegrato con tassellature in legno di pioppo; non è stato necessario alcun consolidamento, si è piuttosto provveduto ad un trattamento antitarlo preventivo a base di biocidi (Permetar) in essenza di petrolio. Sulla cornice e sulla maggior parte delle zone con foglia d’oro gli accumuli di sostanze incoerenti e depositi atmosferici sono stati rimossi con emulsione grassa a base di fiele di bue.

Una metodologia simile ha guidato gli interventi sulle tavole del coronamento. In fase preliminare si è provveduto ad effettuare i fissaggi delle discontinuità presenti sulla superficie localizzando l’intervento su zone di estrema necessità e, tramite l’ausilio del microscopio, anche su microframmenti parzialmente adesi.

La pulitura è stata eseguita con estrema cautela, tramite microscopio e con solventi e reattivi totalmente sopportati sia per la rimozione totale delle ridipinture più difficili tramite un solvente dipolare aprotico che per quella parziale delle vernici e fissativi superficiali tramite emulsione cerosa, aiutandosi col bisturi per rimuovere meccanicamente le stuccature.

Dopo aver integrato le lacune e microlacune con stuccature a base di gesso-colla e averne lavorato la superficie cercando di imitare le irregolarità e le discontinuità delle zone circostanti, l’integrazione pittorica ha permesso di velare inizialmente le lacune ad acquerello, per abbassare di tono le abrasioni dovute alle rovinose vicissitudini, mentre la maggior parte delle lacune di profondità sono state totalmente ricostruite. la scelta di un tratteggio in verticale come metodo di riconoscimento è stata dettata dalla necessità di avvicinare le tavole in restauro a quelle già restaurate dall’I.C.R. negli anni ’50 col metodo del cosiddetto “rigatino” messo a punto in quegli anni da operatori eccellenti come Paolo e Laura Mora e dallo stesso Cesare Brandi.

Alcune tavole sono state verniciate con resina naturale mastice, mentre altre con vernice semisintetica a retouche, tutte però hanno subito una verniciatura finale omogeneizzante a base di vernice a retouche e mat per nebulizzazione. Nel complesso, si è dunque cercato di intervenire sulle tavole col massimo rispetto delle parti originali, senza competere con queste e anzi distinguendosene con le operazioni qui precisate.

Il criterio guida è stato di conservare in primo luogo quante più testimonianze delle vicissitudine temporali dell’opera, compresi i danni vandalici come, ad esempio, nella predella raffigurante la Tentazione di Cristo sul Tempio, eseguendo un intervento che potesse accordarsi meglio con le tavole restaurate cinquant’anni fa e attualmente esposte ed assemblate in ricostruzioni che hanno tentato di restituire la composizione originaria della predella e del coronamento della Maestà.

La celebrazione per la conclusione del restauro è avvenuta a Siena presso il Complesso di Santa Maria della Scala, Chiesa della Santissima Annunziata, Piazza del Duomo, il 3 Ottobre 2003.

Note storiche tratte da: G. Ragionieri, in catalogo della mostra Duccio. Alle origini della pittura senese. Silvana Editoriale Spa, Milano 2003, pp. 203-218.

Note sul restauro tratte dalla relazione fornita da: Daniele Rossi

Luogo dell'Opera