Croce dipinta, 1330 ca.

tempera e oro su tavola in legno di gattice (401 x 244,5 cm, la sola parte originale, esclusi i capicroce)
  • Opera: Croce dipinta, 1330 ca. - tempera e oro su tavola in legno di gattice (401 x 244,5 cm, la sola parte originale, esclusi i capicroce)
  • Autore: Ugolino di Nerio (Siena, not. 1317-1327)
  • Provenienza dell\’opera: ab origine
  • Direzione dei lavori: Alessandro Bagnoli, Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico e Demoetnoantropologico di Siena. Il restauro è stato affidato alle ditte Edith Liebhauser di Siena ed Elisabetta Razzi di San Gimignano.
  • Indagini scientifiche:
  • Contributo:
  • Documentazione Fotografica: Fabio Lensini, Siena

Note storiche

In occasione della mostra Duccio. Alle origini della pittura senese, A.R.P.A.I. ha finanziato il restauro di una serie di opere di grande rilevanza: tredici tavolette dipinte da Duccio di Buoninsegna nel 1308-1311 per la Maestà, conservate nel Museo dell’Opera del Duomo di Siena, e la grande Croce dipinta intorno al 1330 da Ugolino di Nerio per la Chiesa dei Servi di Siena.

Il restauro della colossale Croce dipinta da Ugolino di Nerio, il più celebre dei seguaci di Duccio di Buoninsegna, ha permesso il recupero di un vero e proprio capolavoro fino ad oggi dimenticato, perché il mediocre stato di conservazione ed il luogo di ubicazione non permettevano finora di apprezzare le straordinarie qualità di questa notevole tavola.

Ai piedi del Cristo prega una minuscola figura, munita di aureola, che indossa l’abito nero dei serviti. Perlopiù trascurata, o intesa semmai come il frate committente (Weighelt 1911), essa raffigura invece un santo, secondo lo schema iconografico ben noto nel caso di Francesco d’Assisi. E’ possibile si tratti del fiorentino Filippo Benizzi, fondatore dei Servi di Maria, il cui culto era ampiamente diffuso nei conventi dell’ordine ben prima della canonizzazione, perfezionata solo nel 1671. Altra teoria sostenibile è che raffiguri il più venerato dei beati serviti senesi, Gioacchino Piccolomini, morto nel 1305 e subito entrato nella devozione popolare. In ogni caso la presenza del religioso ai piedi di Cristo e le dimensioni colossali ci assicurano che la croce fu dipinta proprio per i Servi.

Negli anni, la Croce ha subito vari spostamenti all’interno della chiesa stessa, dapprima fu collocata nel tramezzo, più tardi, nel 1635 fu trasferita nella seconda cappella del transetto sinistro, già dedicata a San Giovanni Evangelista e di patronato della famiglia Spinelli ma divenuta proprio allora, per iniziativa del padre Filippo Montebuoni Buondelmonti, sede di una confraternita dedicata a quella venerabile immagine, dinanzi alla quale, si diceva “Beatus Joachinus Piccolomineus genua supliciter, vivens, assidue flexit”, come recita la lapide, ancora visibile all’ingresso del sacello, che celebra quella nuova istituzione. A lungo segnalata solo per il suo significato devozionale e qualificata semplicemente come “immagine antica”, la croce dei Servi approda al XIX secolo accompagnata da un bislacco riferimento a “Stefano di Giovanni fratello di Matteo”, cioè al Sassetta, allora creduto fratello di Matteo di Giovanni. L’infallibile giudizio di Giovan Battista Cavalcaselle (Cavalcaselle, Crowe 1864) gli permetterà non solo di retrodatare d’un secolo la grande croce ma addirittura d’attribuirla direttamente al suo vero autore, Ugolino da Siena: un’intuizione che può ben dirsi geniale ed evidentemente troppo in anticipo sui tempi per essere intesa appieno, e difatti presto dimenticata. Alla croce toccava intanto di essere trasferita sulla parete del transetto sinistro quando sui muri della cappella che la ospitava ormai da due secoli e mezzo riemersero gli importanti affreschi lorenzettiani con le storie di san Giovanni Evangelista e san Giovanni Battista, inaugurati l’8 maggio 1892.

Nel corso del Novecento numerosi sono gli storici che hanno tentato un definitivo approccio per l’identificazione definitiva dell’autore della grande croce e le pubblicazioni si sono infoltite.Che si tratti di un’opera assai avanzata nello sviluppo stilistico di Ugolino di Nerio lo suggerisce, accanto alla più dilatata misura plastica e volumetrica di cui si è detto e che va congiunta a una inedita sensibilità nella resa dell’evidenza fisica del Cristo, descritto, nei tendini stirati delle braccia o nelle rotule che premono sotto la pelle, la punzonatura fastosa e varia dell’aureola, di un grado di squisitezza pari solo a quello dell’altrettanto tarda Madonna di san Casciano. Tanta profusione di lavorio sull’oro si accompagna all’eleganza dei motivi decorativi della stoffa nel suggellare in un castone di eletta bellezza il corpo del gigante non ancora spirato, che lascia filtrare un ultimo sguardo attraverso gli occhi lunghissimi e dolenti di un moribondo.

Nella fase preliminare all’attuale restauro sono stati riscontrati due radicali interventi di restauro precedenti.

Il primo potrebbe essere avvenuto verso la fine dell’800, quando sono stati aggiunti i capocroce a integrare la tabella in alto e la cornice di base. Queste parti erano state amputate probabilmente in epoca barocca per consentire l’inserimento della croce in un’area inadeguata. I danni prodotti dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal tetto della chiesa produssero danni di grave entità.Il secondo restauro risale al 1970 e fu operato nel tentativo di fermare il grave fenomeno di sollevamento della pellicola pittorica e della preparazione.

Questo intervento fu eseguito con l’iniezione di colla a base di acetato polivinilico che ha consolidato i sollevamenti senza tuttavia ottenere un perfetto spianamento della superficie sulla quale si sono consolidate escrescenze talora durissime, oramai irreversibili.

Dopo aver accuratamente pulito tutta la parte lignea sul retro, si è proceduto alla disinfestazione per il trattamento contro gli insetti xilofagi (PER-XIL 10 antitarlo). Il consolidamento del legno indebolito da vecchi attacchi dei tarli è stato eseguito con Araldite. Dopo la pulitura si è constatato che vi erano due tipi di stuccatura: a gesso e colla e a cera colorata. Si è proceduto alla rimozione di tutte le stuccature a cera e di gran parte delle altre. Il consolidamento della pellicola pittorica è stato eseguito con il Primal, per le zone più sollevate, e con cera microcristallina per i microsollevamenti.

Sono state ristuccate tutte le parti mancanti a gesso e colla di coniglio, lasciando aperte delle piccole fenditure nelle zone di connessione delle tavole.

L’oro è stato steso secondo il metodo tradizionale del bolo e della foglia, anche nelle lacune interne alla croce, dove si è evidenziata la necessità di procedere ad integrazioni di carattere estetico.

Sulle abrasioni, particolarmente nella parte inferiore, la nuova foglia dorata è stata applicata sul bolo originale rimasto, con un collante sintetico che ne ha permesso la brunitura.

Tutte le zone ridorate sono state patinate per intonarle all’originale.

Il restauro attuale ha permesso la pulitura di tutta la superficie retrostante per rimuovere la porporina ricoprente tutto il perimetro e gran parte delle stuccature. Si è deciso di conservare i capocroce ottocenteschi con la loro copertura pittorica di colore blu scuro e strisce dorate. Tutte le lacune della cornice, inclusa quella dei capocroce, sono state ridonate e patinate per intonarle all’originale. le integrazioni pittoriche sono state fatte con tecnica ad acquerello, con pigmenti puri, balsamo del Canada e vernice mastice, usando una grafia differenziata secondo le diverse zone. In particolare l’incarnato ed il perizoma sono stati realizzati, secondo l’andamento delle pennellate originali, mentre la decorazione di fondo a fine tratteggio verticale, le nuove campiture di blu della croce si sono ottenute con varie stesure a tempera, mischiando il colore con una terra neutra macinata finemente per dare la stessa consistenza del lapislazzuli.

In origine il bordo perimetrale era trattato con foglia metallica, forse argentea, velata dio lacca di garanza, di cui è stato trovato solo un piccolo frammento.

L’attuale bordo rosso risale all’intervento ottocentesco ed è stato mantenuto integrandolo dove necessario con un rosso a tempera simile a quello della ridipintura.

Il colore terra rossa, steso sullo spessore della Croce, è stato uniformato con colore a tempera.

La verniciatura finale, composta di vernice a retouche e mat della Lefranc con una piccola dose di cera microcristallina, è stata spruzzata su tutta la superficie.

La celebrazione per la conclusione del restauro è avvenuta a Siena presso il Complesso di Santa Maria della Scala, Chiesa della Santissima Annunziata, Piazza del Duomo, il 3 Ottobre 2003.

Note storiche tratte da: A. Galli, in Catalogo della mostra Duccio. Alle origini della pittura senese. Silvana Editoriale Spa, Milano 2003, pp. 358-360.

Note sul restauro tratte dalla relazione fornita da: Edith Liebhauser ed Elisabetta Razzi

Luogo dell'Opera